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martedì 29 novembre 2016

Il libro contagioso

Fortunatamente non è contagioso solo lo sbadiglio. C’è pure la risata. Quella piena, di pancia. E quella che scatta con il solletico.
Ecco, il libro contagioso fa il solletico al nostro umorismo. Induce la battuta, più che farla. Coinvolge il lettore da protagonista, secondo comico, spalla. Ogni pagina è una miccia che presa in mano, o sfogliata!, fa esplodere la reazione a catena.
Un lavoro sottile, delicatissimo. In punta di stimolo e parola. A richiamare, evocare, suggerire, associare, insinuare. Un divertimento a colpi di lima e acume. E anche un esercizio spensierato sull’arte del buon umore.
Qualcosa che a tratti mi è parso niente più e niente meno della commedia della vita. Nella sua grottesca narrazione ho trovato il filo dei giorni, di quelli tristi e di quelli felici.

Ridere è un diritto-dovere dell’umanità. Che il libro contagioso sia virale!

giovedì 24 novembre 2016

Si, sono una ghost writer

Sono una ghost writer. O faccio la ghost writer, scegliete voi. Quando passione e professione si mescolano gli anni creano una sorta di identificazione tra persona e mestiere.
Ecco, mestiere, dico spesso e volentieri con l’intimo piacere di immaginare le parole tra le mie mani…
In questi panni sto benissimo, grazie. Insomma rispondo così a tutti quelli cui stupisce non abbia velleità da scrittrice. No, storie in corso si ma velleità di nome in copertina non ne ho. Se porterò al termine i miei scritti e capiterà di raccogliere il gradimento di qualche editore può darsi io finisca in bella mostra in libreria altrimenti continuerò a viaggiare nei racconti degli altri e a godere della loro soddisfazione.
Non è una rinuncia, un sacrificio, un’umiliazione, un dolore. Anzi. Il privilegio e l’emozione di raccogliere la fiducia, la fantasia, i pensieri, la sapienza altrui, sono uno dei più grandi tesori della mia vita.

E con l’occasione ringrazio tutti i miei committenti. Voglio loro davvero bene.

mercoledì 23 novembre 2016

Work in progress, life in changing

Seguire o cavalcare l’onda. Insomma sono modi di stare al passo del cambiamento, certamente. Almeno non averne paura e anzi evolvere con le trasformazioni, coglierle e sfruttarne le opportunità.
Ci sono però anche il fiuto e la predisposizione positiva, alle svolte.
Ovvero c’è quella capacità di essere, il cambiamento. Di dargli il passo, il ritmo, la direzione. Forse è personalità o guizzo creativo. Forse è ossigeno per la curiosità e l’intraprendenza. Forse è una naturale crescita emotiva che fa scattare idee, bisogni, desideri e sogni.
C’è chi ha sempre un progetto da mettere in pista. C’è chi prevede il clima di domani. C’è chi ha sempre voglia di misurarsi con una sfida. C’è chi vede nella ricerca di novità il vero motore dei giorni.

Ci vuole coraggio? Forse no, ci vogliono solo passione e sensi vigili. Work in progress, life in changing.

giovedì 17 novembre 2016

Lei ha scritto una favola

Ha provato a scrivere la sua vita come una favola. Ogni giorno, sebbene ci fossero streghe, lupi, orchi, carestie, solitudini e dolori, pensava a quante meraviglie incontrava e a quante poteva compierne. Cercava di farsi bimba buona, principessa, fata e nonna superlativa. Badava al bello. Conservava lo stupore, coltivava la grazia, inseguiva la saggezza.
Ogni giorno, sebbene ci fossero le tenebre o le trappole, lei tesseva la trama preziosa dell’amore e della gentilezza. Accudiva le emozioni, elargiva sorrisi.
Ogni giorno, sebbene sembrasse non arrivare mai, immaginava quello del lieto fine.
Prima che il tempo potesse sfuggirle ha pensato di scriverla, la favola. La favola che aveva fatto in modo di vivere. Perché l’ultimo capitolo, quello del lieto fine, fosse proprio quel sogno. Il sogno di una vita senza arrendersi mai, alla delusione, alla cattiveria, allo sconforto, al lamento, alla noia.

In realtà è molto più di una favola. E’ la lotta appassionata di una grande donna, una che non ha ceduto alla leggerezza, al cinismo, alla superbia di chi all’amore per la vita non crede.

giovedì 10 novembre 2016

Social media branding

Generare visibilità online è un imperativo, per le aziende e per molti personaggi pubblici. Ma fare branding sui social non significa ‘farsi pubblicità’. L’epoca della reclame facile è tramontata, quello che conquista oggi è la comunicazione.
Se i social media sono luogo di presenza, interazione, informazione, marketing, fare branding vuol dire dare davvero valore al brand e affascinare gli utenti.
Innanzi tutto occorre dare notorietà e riconoscibilità al brand, certamente. Ma questo comporta coinvolgere la comunità della rete, dialogare con essa e trasmettere stimoli e impulsi. Allora è fondamentale saper veicolare i valori del brand, far appassionare alla sua essenza.
E’ naturale che i social media abbia cambiato il modo di comunicare e lo è altrettanto che il popolo virtuale sia più sensibile non tanto alle novità quanto a un certo appeal, della novità. Psico-sociologia del mercato e non solo. Una buona azione di social media branding prende alla pancia e allo spirito.
Un branding efficace viaggia a 360°, deve accrescere la reputazione online dell’azienda, farla diventare un catalizzatore di tendenze, costruire un mondo sul brand.

Bisogna elaborare una strategia, affidarsi a un serio content plan, essere presenti e realmente connessi, giocare perfettamente tra verità e sogno. Con tanta, tantissima creatività. Non copiare ma osare.

martedì 8 novembre 2016

Auto-satira

La satira è una sorta di specchio dove chi guarda scopre la faccia di tutti tranne la propria (Jonathan Swift)
Pensiamo alla satira quando c’è lo sberleffo di certi costumi sociali, quando si mette in ridicolo la politica, quando si usa l’arma della battuta comica per smascherare un vizio sociale. D’altra parte ha un tempo, la satira. Ha radici in un contesto. Ha senso perché prende di mira qualcosa di noto.
Affilata, dunque, la definizione di Jonathan Swith perché il più delle volte anche chi tira la freccia della satira fa parte del bersaglio, almeno nel senso che è espressione, fa parte, partecipa dello stesso ambiente e dello stesso momento storico.
Meravigliosa, arguta e sensibile l’avventura di auto-satira, una sorta di spiritosa autocritica che la dice lunga sulla socio-psicologia della personalità, delle abitudini, delle convenzioni e dei difetti. Siamo ciò che siamo in un certo momento e in un certo luogo, questa è la premessa sulla quale l’autore ha per anni giocato con pensieri e riflessioni dolci e acute.
Divertente e interessante esperienza anche per me, ghost writer. Una specie di viaggio dentro la verità, lucido e serrato, con qualche picco di umorismo davvero fuori dalle righe.

venerdì 4 novembre 2016

Comunicare sui social media

Esiste una vera e propria ‘emergenza social media’. Tutti devono essere o diventare social. Un po’ vezzo, un po’ svago, un po’ occasione, un po’ necessità.
Il problema non è certo aprire un profilo instagram, twittare o avere una pagina facebook ma COME GESTIRE la propria presenza sui social media.
Vale per tutti, anche per quelli che ancora oggi credono siano solo luogo di spensierato cazzeggio. L’occhio lungo delle aziende, ad esempio, scruta chi sei da cosa pubblichi, da come interagisci, da quali gusti esprimi. E non solo. Chiunque ormai si fa un’idea della nostra personalità dal modo in cui siamo sulle piattaforme virtuali.
Artisti, personaggi pubblici, professionisti, imprenditori, a maggior ragione, sono concentrati a trasmettere un’immagine e un identikit che caratterizzi, attragga consensi, dimostri una qualità, uno stile, un pensiero.
Attenzione. Non si tratta sempre e solo di guadagnare likes o condivisioni ma quali likes e condivisioni si conquistano. Diventare ‘popolari’ per qualcosa di cui oggi non c’è (o domani non ci sarebbe) da andar fieri è un flop pericoloso.
Questo è l’aspetto minimo, direi essenziale.
Chi ha esigenze peculiari deve poi considerare moltissime altre cose, dal target cui si rivolge al relativo linguaggio e molto altro ancora. Servono lezioni e lezioni ma sul linguaggio una cosa tengo sempre a sottolinearla: tutte le tecniche/regole di comunicazione on line, l’originalità, l’empatia e chi più ne ha più ne metta non possono fare a pezzi l’italiano (o la lingua in cui si scrive). No, mai.