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sabato 17 dicembre 2016

Elogio delle emozioni

Adoro l’elogio, l’ho spesso dichiarato. L’elogio come forma o genere letterario. L’elogio degli antichi rivisto in chiave moderna. La formula ampollosa o quella umoristica. L’opera che racchiude uno scorcio sociale o un’intima riflessione. L’elogio come esercizio di pensiero, plauso o stimolo ironico.
E poco importa se si voglia tessere l’elogio delle belle donne, del gelato, di qualche arte, dei social media o di un vezzo. Contano le atmosfere, le parole, l’energia. Per questo mi appassiona. Al di là della trama è uno spazio di celebrazione che ciascuno declina in modo peculiare, esclusivo. Magari al limite del paradosso o vistosamente comico oppure austero.
Lei mi ha invitato a nozze, con l’elogio delle emozioni. Quasi ne avevo paura, in verità, al principio. Maneggiare la parola emozioni è cosa da giocolieri provetti, il rischio della banalità altissimo. Ma lei aveva il progetto ‘giusto’. Quello lieve, morbido, fanciullesco, dell’esplorazione in punta di piedi, timida, innocente, curiosa e volutamente sprovveduta… Già, al riparo dalla saccenteria e dalle dotte elaborazioni, potevamo avventurarci con qualche libertà a toccare emozioni. Dalla malinconia all’allegria passando per il terrore, l’ansia, la gioia e la noia, siamo andate a zonzo per stati d’animo quieti, forti, allarmati, euforici.
A lei interessava il valore, delle emozioni.
Desiderava esortare a coglierle, tutte, per crescere e vivere nella loro luce invece che alla loro ombra.

Un piccolo, grande elogio. Peccato solo non abbia voluto intitolarlo proprio così. 

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