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giovedì 30 aprile 2015

L’eroe umano

L’eroismo non esclude sentimenti e paura. L’audacia delle gesta non è esclusiva dell’uomo di ghiaccio, tutt’altro. Bisognerebbe fare una lunga digressione sul genere di libro, sulla trama, sul target di lettori, sull’idea narrativa comunque, anche fuori da fantasy e fantascienza in senso più o meno stretto, agli autori scappa spesso di delinearmi una figura priva di spessore e variabili, del tutto ‘salva’ da debolezze e incline a un’azione che esclude complessi e altalenanti percorsi emotivi.
La realtà invece conosce eroi che hanno profili sofferti, enormi, variegati. Fragilità incluse. Il volto umano peraltro è quello che il buon lettore cerca anche nelle pieghe, nei trascorsi, nei dettagli, nelle pause. Quindi magari non è necessario rammollirlo, basta dargli naturali sfaccettature.
Il buono o il cattivo tout court hanno un loro sapore, me ne rendo conto. Però sono rischiosi. Possono rivelarsi noiosi e incredibili. Possono stancare. Già. Il lettore vuole immedesimarsi, riconoscere, intravedere un parallelo possibile e sostenibile. Anche la ferrea logica del fumetto regala all’eroe una passione, una crisi, un vizio, una caduta di stile.

Quello che conta è studiarlo, il personaggio. Renderlo coerente a se stesso e a ciò che rappresenta nella storia. Il tocco umano dell’eroe è l’ingrediente da dosare con il bilancino di precisione, ecco. 

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