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Magritte, Uomo allo specchio |
L’artista,
inteso come colui che interpreta, recita, porta in scena, può essere anche autore
dei testi o dei brani oppure affidarsi o ispirarsi al lavoro e quindi alla
penna altrui.
C’è
una situazione peculiare, in un certo senso intermedia o mista, di opera
diciamo a due teste, per intenderci. Una resta nell’ombra, il ghost writer
appunto, l’altra la porta alla ribalta, sul grande schermo, in concerto, alla
tv.
E’
una collaborazione sottile e intensa.
Lo
scrittore fantasma è infatti al servizio del committente quindi ne porta su
carta spirito, temi, inclinazioni. Pensa al pezzo su misura per l’artista,
ecco.
Ci
vuole empatia? Certo. Ma non bisogna mai prendere sotto gamba volontà,
sensibilità, professionalità. Insomma spesso il buon ghost writer la sintonia
la ‘crea’ proprio con la passione del mestiere, con la capacità di indossare i
panni dell’artista, con quel magnifico impulso che è il viaggio per il
risultato ideale.
E’
una questione delicata, che non di rado suscita perplessità e timori, va
respirata sul campo, con un pizzico di fiducia e di audacia.
Ne
nascono intrecci grandiosi, posso assicurarlo.
Chi
ha l’anima da ghost writer riesce davvero a calarsi e a immedesimarsi. Sapete perché?
Perché gode, di quel viaggio. Lo considera una delle migliori opportunità di
ricchezza interiore. Già, essere qualcun altro, annusare atmosfere nuove,
provare qualcosa di sconosciuto, conoscere punti di vista e orizzonti, sfidare
il percorso, sono occasioni che non vuole perdere.
Non
ha l’orgoglio ingombrante o saccenti vanità. Riesce a mettere il dito e il
cuore nella dimensione altrui.
Per
me, ghost writer, è pura ebbrezza.