Una
buona storia è il punto di partenza. Che in verità potrebbe essere anche solo
un’idea, una traccia, una vaga trama. Si, insomma, la storia si fa buona quando
è ben sviluppata, curata e rifinita ma il porto dal quale levare l’ancora è la
lampadina che si accende. Lungo il viaggio il lavoro è duro. Dall’idea al
romanzo si suda, si ama, si pensa, si corregge, si accorcia, si allunga.
Nel
mosaico forme, colori e significato sono in armonia.
L’ambientazione,
i personaggi, il linguaggio, la vicenda del romanzo devono felicemente
abbracciarsi. La mano del ghost writer non compie magie, fa il suo mestiere con
perizia e passione.
Leggo
spesso sul web grandi lezioni e consigli su come scrivere un ‘bel’ libro o un
avvincente romanzo e trovo che alcune ‘regole’ o suggerimenti di scrittura e
contenuti siano anche più che condivisibili e per nulla contestabili. Eppure la
perplessità resta. Più che il decalogo del successo dovrebbe esistere quello del
valore. Valore della storia e della narrazione, intendo. Credo sia fatto di
ingredienti assai meno governabili e divulgabili dei soliti che circolano. Comincerei
dal bagaglio umano e culturale all’applicazione costante, passerei da molte
letture e da profonde riflessioni, entrerei nei meandri di un processo creativo
che è sintesi di talento e lenta elaborazione… e forse non finirei mai di
elencare quanti e quali tasselli occorrono per il mosaico.
Questo
non vuole affatto scoraggiare. Anzi. se mai è quello che rinnova ogni giorno il
mio impegno e non mi fa mai, ripeto mai, mollare timone, bussola, carte
nautiche, cuore aperto, cervello attivo.
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