L’eroismo
non esclude sentimenti e paura. L’audacia delle gesta non è esclusiva dell’uomo
di ghiaccio, tutt’altro. Bisognerebbe fare una lunga digressione sul genere di
libro, sulla trama, sul target di lettori, sull’idea narrativa comunque, anche
fuori da fantasy e fantascienza in senso più o meno stretto, agli autori scappa
spesso di delinearmi una figura priva di spessore e variabili, del tutto ‘salva’
da debolezze e incline a un’azione che esclude complessi e altalenanti percorsi
emotivi.
La
realtà invece conosce eroi che hanno profili sofferti, enormi, variegati. Fragilità
incluse. Il volto umano peraltro è quello che il buon lettore cerca anche nelle
pieghe, nei trascorsi, nei dettagli, nelle pause. Quindi magari non è
necessario rammollirlo, basta dargli naturali sfaccettature.
Il
buono o il cattivo tout court hanno un loro sapore, me ne rendo conto. Però sono
rischiosi. Possono rivelarsi noiosi e incredibili. Possono stancare. Già. Il lettore
vuole immedesimarsi, riconoscere, intravedere un parallelo possibile e
sostenibile. Anche la ferrea logica del fumetto regala all’eroe una passione,
una crisi, un vizio, una caduta di stile.
Quello
che conta è studiarlo, il personaggio. Renderlo coerente a se stesso e a ciò
che rappresenta nella storia. Il tocco umano dell’eroe è l’ingrediente da
dosare con il bilancino di precisione, ecco.