Mi
piace prendere spunto da questo pensiero della grande Marguerite Yourcenar per
una piccola riflessione.
In
ambito di scrittura ‘sociale’, intendendo per sociale quella che si occupa di
temi sociali, quella che tocca problemi e risvolti umani della cultura in uno
spazio/tempo, quella che indaga nei fenomeni del costume, gli autori esordienti
tendono a incorrere in due, opposti, pericoli. Il primo è quello dell’emulazione
ovvero scimmiottare l’argomento e lo stile che ha già qualche successo in
libreria. Il secondo è la forzatura anticonformista.
Un
buon ghost writer ha il dovere di interpretare il pensiero dell’autore ma anche
quello, a parer mio, di limitare ove e quanto possibile, il rischio di un libro
in odore di una delle suddette trappole.
Occorrono
libertà e audacia ma anche ragionevolezza e onestà intellettuale. Non si tratta
di premere il piede sull’acceleratore ma di procedere alla velocità migliore
per la storia che si narra. E non solo. Bisogna sempre, e sempre andrebbe
sottolineato, rispettare lettore, buon gusto e ‘saggezza’.
Vi
è una misura, pressoché per tutto.
Quanto
poi al buio è indispensabile ricordare quante parentesi di meditazione
andrebbero aperte. Spesso un ‘bel’ libro è quello scritto con sofferenza, da
chi le tenebre le ha vissute, in una posizione scomoda. Questo è un esempio. Minuscolo,
in verità. Si può aggiungere che la profondità non nuoce, mai. Inutile
imbrattare la carta di banalità ben scritte. Ed è ancora solo un esempio. Disubbidire
vuol dire avere il coraggio di uscire dalle regole ma anche la capacità di
sopportare ciò che ne deriva, argomentare le motivazioni, sostenere il ritmo
della battaglia. Siamo sempre a un esempio. Ve ne sono molti altri. Che anche l’ottimismo
non è sciocca e leggera euforia, è carica umana e forza di idee.
Insomma
chi vuole avventurarsi in certe terre deve avere i sensi pronti e il passo
equilibrato. Vale anche per il ghost writer.
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