Se
tutto è relativo lo è anche il concetto di <bontà> del ghost writer.
Anzi, non vi è neanche una definizione che si ispiri a criteri culturali di un
tempo-luogo, quelli che almeno possono valere per un numero piuttosto rilevante
di persone. Spesso il ghost writer è buono per certi autori, per certi generi
letterari, per certe storie, quasi fosse una valutazione di pelle, come si usa
di dire. Quasi intima e difficilmente spiegabile.
Non
mi avventuro in considerazioni più approfondite per sommo rispetto alla libera
scelta dei committenti. Solo mi è sempre piaciuto individuare in umiltà
e sensibilità due virtù idonee al servizio di ghostwriting.
Ve
ne sono molte altre, sia ben inteso, ma queste sono già bellissimi abbozzi di
un identikit promettente.
Detto
ciò ciascuno incarichi la sua ‘migliore ombra’, il proprio scrittore fantasma
ideale, la tastiera che sente più affine ai desideri che tiene nel cassetto!
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