Ricordo
bene, con tutto l’amore di lettrice, che per il grande Luis Sepulveda narrare è
resistere. D’altra parte con tutta la sua esperienza umana, sociale e politica
la resistenza equivale alla più passionale reazione di sopravvivenza e di
riscatto. Romantico, disperato e meraviglioso concetto che ho sempre sentito anche
‘un po’ mio’.
A
livello professionale mi piace una versione modificata: narrare è esistere. E’
quello che vorrei provassero i miei committenti, gli autori che mi consegnano
una storia affinché io la traduca in racconto o romanzo. Non per indurli a velleità
letterarie, sia chiaro. E neanche per alimentare in loro la sensazione di avere
in testa chissà quale clamorosa idea da dare alle stampe.
Per
passione, solo per passione. Si tratta di un vero sentimento di rispetto e
dedizione, per la storia che hanno vissuto o immaginato o inseguito. Per quella
che potrebbe ritrovarsi tra le pagine di un libro, appunto. Ecco, mi piace che
partano con un sorriso: narrare questa storia per me è esistere.
Non
è questione di successo assicurato. E’ che l’avventura di un incarico a un
ghostwriter su una premessa così è già il migliore dei viaggi possibili.
Nero
su bianco che abbraccia, soddisfa, emoziona, rasserena.
D’altra
parte, se la correttezza impone di non creare illusioni, suggerisce anche di trasmettere
una bella e profonda complicità: se per te, caro potenziale cliente, il
significato o l’atmosfera o i risvolti della tua storia devono prendere il volo
per poter raggiungere altri non farti mai frenare dalla paura o dall’insicurezza.
Può darsi tu abbia in mano un tesoro che non deve restare sconosciuto.
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