Pensiamo
spesso al comico o al clown, chiamati a far ridere sempre e comunque: the show must go on anche quando non
sarebbero in vena di concentrarsi sulla loro arte. C’è anzi una sorta di
diffuso retro-pensiero popolare, quello di una loro sostanziale tristezza. Come
se ogni grande scatenatore di risate a crepapelle fosse in verità uno spirito
malinconico, come se dietro quella verve amena e geniale si celasse una fuga
dalla loro mestizia. Chissà.
E
l’umorista? Ha sempre la sapienza di quel sottile e riflessivo sorriso che
ispira? Chi sa cogliere gli aspetti curiosi e divertenti della realtà, certe
bizzarrie dei fatti o delle persone, un buffo risvolto nei problemi e negli
affanni, il riflesso esilarante della più brutta tensione, è un tizio dall’animo
vivace e dalla mente sveglia, un osservatore arguto, una creatura che sa
indagare, sciogliere, sdrammatizzare.
Viene
davvero da chiedersi se costui ha l’abile saggezza della leggerezza anche nella
vita. Se ha la virtù di trovare sempre la via d’uscita dai labirinti. Se si
alza allegro al mattino o si esercita a trovare allegria davanti allo specchio.
Se trova sempre l’arguzia giusta per captare di tutto la nota brillante.
Io
al servizio dell’umorista scopro un’infinità di sfumature spiritose che aprono
varchi enormi nell’orizzonte e rischiarano qualsiasi tenebra. Sorrido,
allietata da ogni piccola sorpresa. E rifletto, stimolata dalla commozione che
solleva la comprensione del piccolo, grande dramma che l’umorismo ammanta di
dolcezza.
Ecco,
quello dell’umorista mi pare un sorriso che medita su un’amarezza e la
accarezza fino a confortarla.
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