Altroché
se aiutano, le metafore. E spesso sono ‘bellissime’. Con la loro potente carica
espressiva e la forza di sintesi hanno effetti portentosi nel testo.
D’altra
parte grande ruolo, nell’alchimia della scrittura, hanno le similitudini, le
allegorie e tutte le figure retoriche.
Non
vi è dunque alcuna ragione per non farne uso. Anzi, è probabilmente impossibile
evitarle! Nel tempo le richiamerò, una a una, non per analisi e lezioni
impegnative, per piccole ma importanti riflessioni.
Trovo
molto interessante il gioco-studio, delle metafore. Già, un esercizio utile,
appassionante, stimolante. Vagare tra loro con il pensiero rafforza la nostra
capacità di ‘cercare le atmosfere’, di rendere a parole una quantità di
allusioni, rimandi, significati. In un romanzo l’intensità di certe frasi o passi
non la troviamo forse nella pennellata perfetta di una metafora?
E’
l’abuso, se mai, a lasciare perplessi. Talvolta cela una sorta di forzatura di
stile o un disperato tentativo di dare spessore e verve ‘visiva’ a un passaggio
davvero morto. Ancora più frequentemente è il segnale evidente del terrore
delle parole ‘semplici’: affidarsi a cerca ricchezza evocativa è un modo per
sfuggire alla terribile sensazione che il significato del vocabolario non basti
o sia inadeguato.
Una
buona narrazione dovrebbe consegnare storia ed emozioni senza ricorrere
continuamente all’aiuto di risorse d’impatto, sarebbe insomma meglio non
trasmettesse la sensazione che l’autore più che raccontare sia andato all’affannosa
caccia di elementi, astuzie, ricercatezze.
Paradossalmente se tutti sono fulmini e nessuno è veloce appesantiamo o impoveriamo il testo, no?
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